E' verità universalmente riconosciuta che una fan di Jane Austen desideri diventare come un'eroina dei suoi romanzi!

lunedì 28 febbraio 2011

And the Oscar goes to... 2011

Gli Oscar è uno dei due appuntamenti che aspetto con più trepidazione ogni anno (l'altro è il premio Nobel per la letteratura) e già da ieri mi era salita la febbre per la curiosità di conoscere i risultati!!! Beh, risultati veramente entusiasmanti! Mai come quest'anno sono soddisfatta dei premi assegnati! Il discorso del re è il grande vincitore della serata con 4 statuette: miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista e miglior sceneggiatura originale. Come sapete, ho amato moltissimo questo film, amo il cinema inglese, la vecchia, cara Inghilterra e i film in costume e la storia di Giorgio VI mi è rimasta nel cuore! Sono esultante per Colin Firth straordinario in questo ruolo, un attore che merita un riconoscimento così importante perché la sua carriera va sempre più in crescendo! Sono contenta per la vittoria di Christian Bale come attore non protagonista per The fighter, Christian è uno dei miei attori preferiti, bello e bravo... e bono!!!! Sono contenta per la splendida Natalie Portman e il suo premio di migliore attrice, bravissima nel ruolo di Nina ne Il cigno nero e bellissima col suo pancione (altra attrice in dolce attesa a vincere l'Oscar dopo Meryl Streep, Catherine Zeta-Jones, Rachel Weisz e Cate Blanchett).

The social network, che era il rivale più forte de Il discorso del re, ha vinto tre premi: Sceneggiatura non originale, colonna sonora e montaggio; nessun premio invece per Il grinta dei fratelli Coen. Oscar al miglior film d'animazione a Toy Story 3 e miglior film straniero è In un mondo migliore della danese Susanne Bier.

Insomma, sono davvero soddisfatta quest'anno! Tre dei miei attori preferiti hanno vinto e ha vinto un film che ho amato tantissimo!

Qui potete leggere la lista completa dei vincitori.

E ora vediamo qualche bella immagine della grande serata!











Il grande protagonista della serata, il miglior film: Il discorso del re!










Lo straordinario, affascinante, elegante, meraviglioso Re Colin!!!











La bellissima Natalie Portman con un abito stupendo, del mio colore preferito!





Sotto potete vedere una bellissima locandina de Il cigno nero! Ecco una mia breve recensione del film.

A tratti horror, a tratti disturbante, a tratti eccessivo, Il cigno nero racconta di una fragile ballerina che, scelta per interpretare il ruolo da protagonista ne Il lago dei cigni, per raggiungere la perfezione, e poter impersonare bene sia il cigno bianco sia il cigno nero, finisce per rimanere vittima delle proprie ossessioni. La Natalie-cigno nero vale praticamente l'Oscar, e per gran parte del film è lei a ballare. Non ho mai visto un balletto, ma sono rimasta colpita da questo Lago dei cigni e devo ammettere che sul finale mi sono persino commossa, alla morte di Odette. Non penso che sia un film completamente riuscito, tuttavia considerando che io non amo i film disturbanti, questo Cigno nero mi è piaciuto.

Voto: 7--

Link: trailer










Christian Bale in posa con Reese Witherspoon... sembra che il suo look non sia molto migliorato dalla notte dei Golden Globe! Quindi spero sempre di più che sia legato ad un ruolo che sta interpretando... perché così conciato proprio non mi piace!!!






Melissa Leo miglior attrice non protagonista per The fighter







Ed ecco tutti i nostri beniamini in una bellissima foto di gruppo!






E infine Tom Hooper premiato per la regia de Il discorso del re!

domenica 27 febbraio 2011

La Bella e la Bestia - Il Musical - 16 La Bella e la Bestia



Sedicesimo appuntamento col musical de La bella e la bestia! Questo è il celebre tema musicale! Buon ascolto!

giovedì 24 febbraio 2011

Dal diario di Adèle H.

Nel post precedente vi ho parlato del film di Truffaut Adèle H., una storia d'amore, un film struggente e forse poco conosciuto del regista francese e che deve essere assolutamente riscoperto. Come detto in precedenza, la storia di Adèle Hugo è autentica e il film è tratto dai suoi diari ritrovati nel 1955. In questo post ho deciso di scrivere quelli che ritengo essere i passaggi più toccanti del film, le frasi scritte da Adèle che mi sono rimaste più impresse.





"Albert, amore mio, la nostra separazione mi ha distrutto, dalla tua partenza ho pensato ogni giorno a te, sapevo che anche tu soffrivi. Io non ho ricevuto le lettere che mi hai scritto e posso quindi immaginare che nemmeno a te siano mai arrivate le mie, però io adesso sono qui, Albert, sulla stessa sponda dell'oceano su cui sei tu. Tutto ricomincerà come prima, so che presto le tue braccia si stringeranno intorno a me, sono nella stessa città dove sei tu, Albert, io ti aspetto, ti amo, tua Adèle."







"Io non ho più gelosia, non ho più orgoglio, ho superato l'orgoglio, ma non potendo avere il sorriso dell'amore mi condanno alla sua smorfia."




"Per te ho calpestato tutto, ho abbandonato tutto."



"Quella cosa incredibile da farsi per una ragazza, attraversare il mare e passare dal vecchio mondo al nuovo per raggiungere il suo amante, quella cosa io la farò."





Ripeto, questo è un film da riscoprire! Lo consiglio caldamente!

martedì 22 febbraio 2011

Adèle H., una triste storia d'amore

La storia di Adèle H. è vera




Adèle H è un film del 1975 diretto da Truffaut con Isabelle Adjani.
Adèle s'innamora senza speranza di un belloccio e poco raccomandabile tenente britannico, Pinson, e per inseguire il suo sogno d'amore attraverserà l'oceano, giungendo dapprima ad Halifax, poi anche a Barbados; ripetutamente respinta dall'uomo che l'aveva illusa, Adèle scivolerà nel baratro della follia.
Adèle è il simbolo dell'amore che diviene malattia, ossessione, pazzia; nonostante l'evidenza dell'indifferenza dell'uomo che brama, lei tenta in tutti i modi di averlo al suo fianco: affronta, da sola, un viaggio oceanico, spia Pinson, si traveste da uomo pur di seguirlo laddove da donna non potrebbe, cerca di screditarlo, di ricattarlo, le prova tutte pur di farsi amare... o più propriamente, di ottenere da lui quella che sarebbe una parvenza, una parodia di amore, assolutamente senza anima. Adèle è in fuga da un'identità dalla quale vuole fuggire, da un padre ingombrante, e desidera cambiare la sua identità abbracciando quella che potrebbe darle il matrimonio con Pinson, rinascere a nuova identità per non essere più quella che non vuole essere. Sì, perché Adèle si chiama Hugo di cognome, e il di lei padre è quel Victor tanto celebre in Francia e in tutto il mondo, lodato come uno dei più grandi geni della letteratura.
Il film è tratto dai diari autentici di Adèle Hugo ritrovati nel 1955. Ciò che viene narrato nella pellicola è tutto vero: Adèle inseguì invano un amore inesistente e impazzì, fu rinchiusa in una casa di salute mentale dove finì i suoi giorni; è stata la sola tra i figli di Hugo a sopravvivere al padre.
Come detto, questa pellicola indaga sulla parte malata dell'amore, quella parte che da illusione diventa ossessione sino alle più drammatiche conseguenze; certi amori esistono e danno spunto per riflettere sul senso di tale sentimento, sul suo valore e se sia giusto autodistruggersi per esso: non è forse meglio vivere senza, piuttosto che distruggersi pur di ottenerlo? L'amore che non ti dà gioia ma diventa solo buio tormento... va tenuto lontano, anche a costo di soffrire doppiamente, perché non è vero amore ma solo la tragica maschera di un sentimento che dovrebbe essere dolce e sublime, e non può e non deve recare dolore. La triste parabola di follia della povera Adèle insegna a non aver paura di cercare la felicità lontano da un sentimento sbagliato, perché il coraggio di dire addio e ricominciare è il più grande che ci sia.
Film intimista e "in bianco e nero a colori" secondo il desiderio di Truffaut, è sostenuto dall'incredibile bravura di una giovanissima Isabelle Adjani, capace di trasmettere tutto il tormento distruttivo che agita la sfortunata Adèle.
Film bellissimo e commovente, lo consiglio!
Voto: 8
Link: trailer

domenica 20 febbraio 2011

La solitudine di una duchessa


La duchessa è un film bellissimo che mi scuote sempre ad ogni visione, tratta tematiche che non possono lasciarmi indifferente. La vicenda racconta di Lady Georgiana Spencer (antenata di Lady Diana), Duchessa del Devonshire: sposata all'omonimo Duca, ebbe una vita perlopiù infelice, fu costretta a sopportare la relazione del marito con la sua migliore amica, fu separata dall'uomo che amava e dalla figlia avuta da lui e morì a soli 49 anni. Personaggio anticonformista e dalla grande personalità, Georgiana è passata alla Storia per il suo impegno politico e per il suo abbigliamento originale e trasgressivo (tanto da meritare il titolo di Imperatrice della moda). Questo è un film "sincero" perché illustra e racconta senza troppi giri di parole quale fosse la (difficile) condizione della donna nel Settecento, soprattutto quale fosse il suo "ruolo" nella società, cosa ci si aspettasse da lei, insomma. Concepire figli maschi che potessero ereditare le fortune di famiglia ed essere sottomessa alla volontà del marito. Colpisce il fatto che il film non abbia cercato di dissimulare quelli che sono i dettagli più scomodi: mostrando invece chiaramente che all'epoca la cosa peggiore che potesse capitarti era nascere donna (specie di nobili natali). Di solito nei film la "questione femminile" viene sempre semmai menzionata brevemente... è qualcosa che serpeggia, qualcosa di cui siamo consapevoli e, per questo, non viene sottolineata se non in piccoli dettagli funzionali alla storia raccontata; mentre ne La duchessa viene raccontato tutto con estrema franchezza.
Fa riflettere quale fosse la mentalità del tempo quando in alcuni momenti chiave si affrontano tematiche "scottanti": come quando Georgiana parla di politica e della questione dell'estensione del diritto di voto a "parte della popolazione maschile" e l'interlocutore si sconvolge all'idea che tale estensione possa riguardare tutta la popolazione maschile; con tali premesse il suffragio universale, con le donne comprese, era lontano e fantascientifico. Georgiana attira su di sé il biasimo del Duca perché non riesce a mettere al mondo il sospirato erede maschio, ma una bambina che arriva a definire un "incidente" e che degnerà appena di uno sguardo.
Quando Georgiana s'innamora di un giovane rampante politico, Charles Grey, viene obbligata dal marito a rompere la relazione, pena l'allontanamento dai figli, e ad abbandonare la figlia avuta da Grey; laddove l'amante del Duca, Lady Foster, viveva in casa loro e "sua grazia" non sentiva il minimo bisogno di nascondere la cosa, questo è un interno borghese abbastanza tipico dell'epoca: agli uomini erano concessi vizi e amanti, alle donne solo l'onta e il biasimo.
Credo che il senso del film (e di un'epoca) sia sintetizzato perfettamente nelle parole che Georgiana pronuncia la notte di nozze, quando il Duca si lamenta che gli abiti femminili sono complicati: "E' solo il modo che abbiamo di esprimerci, voi avete innumerevoli modi di esprimervi, invece noi dobbiamo limitarci ai nostri cappelli e vestiti". E' la verità. Le donne non erano che pedine inermi nello scacchiere degli interessi maschili. Perciò cosa rimaneva alle donne se non di rifugiarsi nei pizzi, nelle parrucche e nei merletti per sfuggire ad una vita senza sostanza?
Voto: 8,5
Link: trailer

sabato 19 febbraio 2011

mercoledì 16 febbraio 2011

Una poesia e una canzone... by me!!!

Siccome questa è la settimana di Sanremo, ho pensato di farvi ascoltare una canzone. Una canzone molto particolare per me... perché io sono l'autrice del testo! Un testo che nasce da una poesia che ho scritto nel 2008, in un momento particolare della mia vita; si tratta della poesia a cui sono più legata.



Come Elizabeth
Mi sembrava giusto lasciarmi il tramonto pastello alle spalle.
Ho tracciato un percorso di passi mai calpestati.
Ho passeggiato nel prato avvolto dall'ombra,
una quiete irreale, accarezzata dal mondo inquieto del mio cuore.
Mi sono sentita come Elizabeth... ma io non sono lei.
Io rassomiglio a me stessa, sono una creatura della mia stessa penna.
Ho passeggiato in solitaria nel giardino,
tra il vecchio, avvizzito ciliegio e gli ulivi;
rannicchiata nella mia giacchetta...
simile a un abbraccio simulato.
Ho camminato in cerchio alcuni tristi minuti
constatando compiaciuta e commossa la mia solitudine.
Il cuore ha gridato, ma a chi importa?
Ho perso il mio sentiero di passi immaginari tra le foglie;
la stagione è al crepuscolo.
Tu sei distante una vita intera da me... lontano, smarrito...
ti cercavo dietro al ciliegio, consapevole che mai, mai
mi saresti apparso.
Ho passeggiato in silenzio, sola col tuo spettro.
Ho respirato nuova quiete.
Mi sono illusa per un momento di rassomigliare a Elizabeth...
ma questo non è il mio lieto fine.
26 agosto 2008
Ho scritto questa poesia mentre mi trovavo nella mia casa in campagna, come detto in un periodo molto particolare della mia vita, un periodo difficile, un periodo che mi ha spezzato il cuore... e che mi ha accumunata a Marianne Dashwood di Ragione e sentimento. Facile capire perché sono così legata a questi versi. Versi che raccontano tutto lo smarrimento e il dolore di quel frangente. Versi che mi ricordano ogni giorno che devo fare di tutto per non soffrire mai più allo stesso modo, mai più.
La poesia è carica di pathos e richiama un altro personaggio austeniano fin dal titolo: Elizabeth Bennet di Orgoglio e pregiudizio; questo perché scrissi la poesia, appunto in campagna, dopo una breve passeggiata solitaria nel giardino davanti casa: era il tramonto e sentii l'esigenza di isolarmi e raccogliermi in un momento di intima solitudine, sola con le mie inquietudini. Mentre passeggiavo ebbi la sensazione, trovai somiglianze con la particolare atmosfera che si percepisce nelle battute finali del film con Keira Knightley, quando lei cammina nella brughiera all'alba e poi incontra Darcy. Mi sembrò di vedere la stessa luce (benché nel film è l'alba, mentre io ero al tramonto), la stessa dolce solitudine, la stessa poesia nell'aria... e mi ritrovai a credere di essere Elizabeth o quantomeno di rassomigliarle un po' in quel momento. Ma è stata un'illusione breve: la persona che cercavo non è apparsa come Darcy col giaccone svolazzante... e non ho avuto alcun lieto fine.
Perciò questa poesia parla di un pezzo perduto per sempre del mio cuore ed è nello stesso momento un omaggio a Orgoglio e pregiudizio!







E ora passiamo alla canzone! Ho riadattato il testo di questa poesia per renderla una canzone, quando la mia amica Serena, che suona e canta benissimo, ha indetto un concorso il cui vincitore avrebbe visto il suo testo musicato e cantato da lei! Il risultato è questa canzone dal titolo Tra le mie righe! Inutile dire che quando ho ascoltato la canzone per la prima volta ho pianto come una fontana, l'emozione è stata fortissima!
Ora vi lascio ascoltare la canzone!
Tra le mie righe
Parole: Silvia Ponzo
Musica e voce: Serena Sabatini

domenica 13 febbraio 2011

Coco avant Chanel: come si diventa un Mito

Nei giorni scorsi ho visto un altro film che desideravo vedere da tempo: Coco avant Chanel-L'amore prima del mito con Audrey Tautou.




Come suggerisce il titolo, questa pellicola racconta di Gabrielle "Coco" prima che diventasse Coco Chanel, la stilista più famosa del Novecento; vengono rievocati gli anni giovanili: l'abbandono del padre e l'orfanotrofio, l'esperienza come cantante in un cafè concerto, l'incontro col primo amante, Balsan, l'incontro con l'amore della sua vita, l'inglese Boy Capel, l'apertura del primo negozio di cappelli; solo nel finale di film vedremo la Coco Chanel più celebre, capelli corti e tailleur che ritocca i vestiti e prepara le sue modelle per una sfilata: ecco finalmente il Mito! Coco Chanel è una delle donne simbolo del secolo scorso: la grande innovatrice che con la sua concezione della moda ha avuto un ruolo importante nell'emancipazione femminile, sottraendo le donne a corsetti e fronzoli inutili, inventando una nuova idea di eleganza. Fu lei a lanciare la moda dei pantaloni per le donne e celebri sono i suoi capelli alla maschietta. Ma chi è stata davvero Gabrielle Bonheur Chanel? Una ragazzina dall'infanzia difficile (che amava cambiare ogni volta versione circa le proprie origini) che è riuscita ad affrancarsi da un destino di povertà e miseria grazie alla sua caparbietà e perseveranza. Contro un destino che sembrava già scritto lei è riuscita non solo ad opporsi ma a creare un impero che ancora fa Storia.
Il film è molto piacevole, brava la Tautou con i suoi occhioni neri e la sua determinazione a dare vita a Coco, belle le location (a tratti pare l'Inghilterra con le sue straordinarie ville nobiliari), interessante il contrasto tra la classe nobile privilegiata (a cui fa "capo" Balsan) e la condizione di povera orfana di Coco a cui non è concesso di accedere nella schiera dei privilegiati, se non come fenomeno insolito di cui farsi beffe. Sarà Boy a credere in lei e a gettare le basi, finanziando il suo primo negozio, per il futuro Mito. Il finale è commovente: la tragica scomparsa di Boy, lo ammetto, mi ha fatto piangere e ovviamente le immagini finali con Coco finalmente diventata Chanel!
Naturalmente Coco Chanel è una delle donne che più ammiro: una donna che si è fatta largo in un settore maschile, una donna arguta e intelligente (celebri i suoi aforismi), un'icona indiscussa del secolo scorso (e di questo). Il film è tratto dal romanzo L'irregolare (che devo leggere da quasi due anni...). L'unico piccolo difetto di questa pellicola è che sceglie di concentrarsi sul periodo giovanile e lascia poco spazio alla stilista (un paio di anni fa Rai 1 ha mandato in onda un bellissimo sceneggiato sulla vita di Chanel con Barbora Bobulova e Shirley MacLaine che dava ampio spazio anche alla seconda parte della sua vita, quella del successo internazionale).
Un film che consiglio!!!
Voto: 7,5
Link: trailer








"La moda passa. Lo stile resta"
(Coco Chanel)




Come avrete notato ho inserito tre locandine diverse del film... questo perché mi sembravano tutte belle!
Ditemi, voi quale preferite delle tre?
A me piace la prima in bianco e nero! Che è la locandina inglese!!!

La Bella e la Bestia - Il Musical - 14 Di nuovo umani



Quattordicesimo appuntamento col musical de La bella e la bestia! Buon ascolto!

venerdì 11 febbraio 2011

Rossella: la condizione femminile nell'Italia di fine Ottocento

"Sono fiera di essere una piccola donna"
(Rossella, settima puntata)





Si è appena concluso su Rai 1 uno sceneggiato (non mi piace la parola Fiction) che ho seguito con passione: Rossella. Devo dire che per me è rarissimo accendere la tv e ancor più raro seguire un prodotto italiano: solitamente lo faccio solo quando vanno in onda sceneggiati in costume o biografici (spesso le due cose sono collegate), quindi non potevo mancare l'appuntamento con questa miniserie.
Rossella si colloca nella Genova di fine Ottocento e racconta della figlia ribelle di un industriale che per amore fugge di casa per sposare lo spiantato giornalista Giuliano; in questo caso, diversamente dalle solite trame di figlie-ribelli-che-mollano-tutto-per-amore, il maritino di Rossella si rivelerà un arrivista insopportabile e violento, che paleserà tale natura dopo essere tornato dal viaggio in Africa intrapreso per cercare fortuna: lì diventerà un omicida, farà contrabbando di armi con l'imperatore etiope e una volta rientrato a Genova farà soffrire le pene dell'inferno alla povera Rossella, dapprima sottraendo al suocero la sua fabbrica (per reinventarla a fabbrica di armi e cannoni), poi diventando l'amante di una donna nobile, Sophie Valeri, e infine diventando violento con la sua consorte. Intanto Rossella, delusa dal cambiamento di Giuliano, si avvicina al conte-medico Riccardo Valeri (marito di Sophie) che è innamorato di lei da sempre e la introduce allo studio della medicina. Dopo l'ennesimo pestaggio, Riccardo convince Rossella a seguirlo in Francia con la sua bambina (figlia di Giuliano) per iniziare una nuova vita, ma i due fuggitivi vengono scoperti e Rossella viene arrestata con l'accusa di adulterio, la condanna è immancabile. Alla fine la nostra eroina otterrà la grazia e potrà riabbracciare l'amato Riccardo, ma la loro felicità verrà funestata da un'altra serie di peripezie e ostacoli da superare, prima di giungere al tanto sospirato lieto fine.







Certo, non è uno sceneggiato di livello paragonabile ai perfetti period drama inglesi, ma rispetto a tanti prodotti tv italiani si è rivelato veramente ben fatto (centomila volte migliore del recente Terra Ribelle). Mi è piaciuto soprattutto per due ragioni; anzitutto, perché affronta la tematica della condizione femminile (e chi mi conosce sa che è uno degli argomenti che ho più a cuore) da un punto di vista abbastanza inedito (almeno per la nostra tv): quello della realtà delle mogli a fine Ottocento/inizio Novecento; se infatti molto si è detto sulle giovani donne spesso costrette a matrimoni d'interesse, poco si è raccontato della condizione femminile dopo le nozze. In Rossella si affronta la tematica della moglie che in caso di adulterio andava incontro all'arresto e alla sottrazione dei figli, cui non venivano riconosciuti diritti, che spettavano solo al marito. In effetti, Giuliano chiarisce diverse volte a Rossella la sua posizione di donna che non ha diritto a decidere niente, ma che si ritrova alla mercé del marito... e in generale degli uomini che potevano macchiarsi dei peggiori misfatti ma che venivano comunque immancabilmente tutelati dalla Legge. Va detto che effettivamente il nuovo diritto di famiglia in Italia verrà approvato solo nel 1975, in grado di tutelare finalmente le donne in caso di divorzio (per non parlare del delitto d'onore... abrogato solo il 5 agosto 1981...). Perciò, mi ha fatto piacere che questo sceneggiato si sia occupato di tale tematica (argomento trattato anche nella vicenda della madre di Rossella, allontanata da casa vent'anni prima per le medesime ragioni). Il secondo punto di forza è stato la protagonista, Gabriella Pession; un'attrice che conosco poco (vista solo ne Lo smemorato di Collegno) e che qui ho davvero apprezzato: ha saputo donare alla sua Rossella un'intensità ammirevole e una galleria di sfumature davvero notevole! I momenti della detenzione in carcere sono stati i migliori in cui ha tirato fuori una disperazione così toccante tanto che meriterebbe di vincere qualche premio. Pregevole anche la sua interpretazione della canzone che fa da sigla, motivetto che ho adorato, queste le parole: "Donne, donne come noi, una ad una prima o poi, a far figli e patire guai".
Insomma, per concludere, uno sceneggiato che mi ha veramente soddisfatta da tutti i punti di vista! Mi piacerebbe in futuro poter apprezzare altri prodotti italiani così ben fatti.
Voto: 8

mercoledì 9 febbraio 2011

Regency doll /2: Elizabeth e Darcy 1995

Tempo fa avevo postato un link con delle Regency doll, da abbigliare come le eroine e gli eroi austeniani...





Siccome sono sempre a caccia di chicche austeniane, eccone un'altra: una nuova versione di bambole da vestire con abiti Regency! I due personaggi in questione sono Elizabeth e Darcy con le fattezze di Jennifer Ehle e Colin Firth direttamente dallo sceneggiato del 1995! Sebbene il gioco non presenti la varietà di abiti e accessori di quello precedente... è pur sempre divertente l'idea di poter "creare" la nostra Elizabeth e il nostro Darcy!
Buon divertimento!

lunedì 7 febbraio 2011

Un week end anni Sessanta: A single man e An education

Nel week end ho visto due film ambientati negli anni Sessanta: A single man e An education.




Dopo un anno dall'uscita finalmente ho visto A single man, film che ha fruttato a Colin Firth la Coppa Volpi a Venezia e la nomination all'Oscar. La storia, ambientata nel 1962, racconta della disperazione di un professore universitario dopo la morte del compagno: incapace di sopportare oltre la perdita George medita di farla finita; ma il destino che lo attende al termine di quella sua ultima giornata sarà più beffardo del previsto. Questo film... a dirla tutta, più che un film mi è sembrato una pubblicità di Dolce & Gabbana o di Armani della durata di un'ora e mezza! Troppo patinato! Metà del cast, secondo me, proveniva direttamente dalla Settimana della Moda di Milano e molte inquadrature sembravano tratte dal Calendario Pirelli! Sì, lo so che alla regia c'è uno stilista, Tom Ford, ma qui si stava su un set e non su una passerella! La Moda è la Moda, il Cinema è il Cinema! Mi sembra che questa pellicola abbia strizzato troppo l'occhio al linguaggio della Moda... tanto da renderla troppo artefatta; il Cinema per sua natura, diversamente dal mondo della Moda che è effimero e artefatto, è più accessibile come linguaggio e dovrebbe saper parlare al nostro cuore... A single man è confezionato in maniera sublime, ma è senz'anima. Persino la performance di Colin non mi è sembrata così straordinaria: si aggira per tutto il film con un certo smarrimento... ma non riesce davvero a trasmetterlo allo spettatore, che si perde per strada tra inquadrature artistiche degli occhi azzurri di questo o del vestito fashion di quella! Quando invece, a mio avviso, doveva essere affrontato con un approccio molto più profondo, trattando il tema della perdita di un amore e dell'impossibilità di andare avanti... ma tutto ciò è quasi assente nel film! Cioè lo sguardo disperato che ho visto in Colin ne Il discorso del re me lo sarei aspettato in A single man, data la disperazione che prova il suo personaggio... Purtroppo, questo film non mi ha convinta totalmente, aldilà della patina patinata... non ho visto la vera anima di questo uomo solo smarrito nel suo dolore. Ho trovato alcuni momenti quasi ridicoli e scene veramente troppo finte (il flashback in bianco e nero in cui si vedono Jim e George... mi sembrava la scena adattissima per lo spot di un profumo di qualche stilista!), l'unica cosa positiva è stato Colin che si dimostra un cinquantenne...WOW!!!! Ma questo lo sapevo anche prima di vedere A single man! In fin dei conti, credo che ognuno dovrebbe fare il suo mestiere: Tom Ford è un grandissimo stilista e non dovrebbe spostarsi da tale attività e lasciare che il Cinema sia fatto da chi sa fare Cinema.
Voto: 6-
Link: trailer







Twickenham 1961, Jenny è una studentessa modello che sogna di volare via dal grigiore della sua vita quotidiana: tra lezioni di violoncello, la speranza di andare a Oxford e i dischi di Juliette Gréco, aspira ad una vita fatta di incontri interessanti, locali alla moda, concerti e viaggi. Jenny sogna di diventare adulta alla svelta. La possibilità di elevarsi ad una vita diversa si materializza assieme a David, trentenne uomo di mondo, che la introduce nel suo universo modaiolo fatto di serate, incontri e grandi avvenimenti. Jenny è dapprima affascinata dalle nuove opportunità che le si prospettano (addirittura Parigi), finché non ne rimane travolta... imparando, alla fine, la lezione più importante: che per la vita che vuole "non esistono scorciatoie". Film abientato appena prima che si scatenasse la rivoluzione sessuale, ricostruisce un'Inghilterra post dopoguerra grigia, popolata da personaggi conservatori e bigotti, un'Inghilterra prima dei Beatles (sì, incredibilmente è esistito un mondo prima dei Fab Four...), un contesto in cui ancora ci si poneva il dubbio se per una ragazza fosse più opportuno studiare e crearsi una carriera o sistemarsi con un buon partito. E in questo contesto ancora legato alle tradizioni più logore ma in cui iniziava a farsi largo, faticosamente, un nuovo corso che Jenny vivrà la sua crisi esistenziale che la porterà a mollare tutto per inseguire il nulla che le offre David, finché non aprirà gli occhi e riuscirà a imparare dai suoi sbagli e a ricostruirsi un futuro.
Questa Jenny, per certi versi, mi ricorda incredibilmente Marianne Dashwood: entrambe adolescenti annoiate che aspirano a qualcosa di più grande, che rimangono travolte da un uomo ingannatore, ma che alla fine sapranno rialzarsi in piedi e indubbiamente trarre motivo di maturazione dalla propria esperienza.
Insomma, An education si più ben definire un romanzo di formazione, non esente da difetti qua e là: genitori conservatori che accettano senza batter ciglio che la figlia sedicenne frequenti un trentenne dagli oscuri trascorsi, la stessa Jenny che scoprendo gli intrallazzi di David non fa una piega e un finale buonista e accomodante che in 5 minuti rimette tutto a posto... Non mi è sembrato un film così efficace come sarebbe potuto apparire nelle premesse (benché il tema educazione sentimentale con crescita finale sia iper-sfruttato).
Piacevole la protagonista Carey Mulligan, capace da 24enne di dare la giusta freschezza adolescenziale alla sua Jenny, e tutto il cast, ottima ricostruzione storica (la regista è danese), ma pecca di qualche ingenuità di troppo per renderlo un film veramente riuscito. Voglio dire, la cosa che mi ha più entusiasmata in An education... è stato vedere la più alta concentrazione di interpreti austeniani che si sia mai vista riunita in una sola pellicola (Carey Mulligan in Orgoglio e pregiudizio 2005 e Northanger Abbey, Rosamund Pike in Orgoglio e pregiudizio 2005, Emma Thompson in Ragione e sentimento 1995, Olivia Williams in Emma 1996 ITV e Miss Austen Regrets, Dominic Cooper in Ragione e sentimento 2008 e Sally Hawkins in Persuasion 2007): e non vi sembra che sia preoccupante quando in un film è questa l'unica cosa che esalta la spettratrice??!! (beh, oddio, dal punto di vista di una Janeite non è affatto preoccupante... anzi...).
Voto: 6-

domenica 6 febbraio 2011

giovedì 3 febbraio 2011

Breve storia illustrata del cappellino

Quando ho fatto il post sulla moda stile impero Federica mi ha chiesto di scrivere un post sui cappellini e così mi sono messa al lavoro! Devo dire che, diversamente dalla storia degli abiti, ho trovato ben poche notizie sull'evoluzione del cappello nei secoli... probabilmente non avrà subito i continui cambiamenti dell'abbigliamento, ma da un secolo all'altro deve pur aver avuto qualche rinnovamento!
Le prime testimonianze di tale accessorio risalgono addirittura all'antica Tebe; egizi, incas, greci e romani usavano ornamenti sul capo che con il passare dei secoli si sono evoluti a vero e proprio copricapo. Pare che il primo ad usare un cappello sia stato Carlo VIII nel 1400; si trattava all'epoca di un copricapo di feltro caratterizzato da una copertura per l'intera testa e una visiera.
Ma nel 1700 ci fu il vero boom del cappello con Luigi XV che lanciò la moda del cappello a tre punte: il tricorno (che le signore veneziane portavano sopra le parrucche incipriate). In questo periodo i cappelli erano molto grandi proprio perché si indossavano sopra le parrucche; così il cappello divenne simbolo di civetteria e vanto: le nobildonne inglesi e francesi amavano esibire vistosi cappelli decorati con piume e fiori, ma anche con uccelli imbalsamati!
Durante l'epoca Regency i cappelli diventarono più sobri: fatti di paglia e allacciati sotto al mento, potevano essere decorati con fiori e nastri. I cappelli di paglia, più o meno larghi, andarono di moda per tutto l'Ottocento; verso la fine del secolo si ridussero di dimensioni.
Probabilmente il mito del cappello oggi è ridimensionato rispetto a una volta... ma ci sono ancora estimatori di questo accessorio: gli inglesi tutt'ora ne fanno sfoggio durante le occasioni importanti, uno fra tutti l'evento ippico di Ascot, dove la parola d'ordine è stupire con cappellini eccessivi e stravaganti!
Ora attraverso alcuni film vediamo l'evoluzione del cappellino dal 1770 al 1910!

1770

















1796





1800-1818






























1819




1840




1855



1860













1865






1870





1875




1895










1910



Come avrete notato anche stavolta (così come avevo fatto per il post sulla moda stile impero, adoperando costumi di scena) ho usato immagini tratte da film e miniserie per illustrare l'evoluzione del cappellino nei decenni! Questo perché ritengo i costumisti dei film degli artisti con la A maiuscola! Il lavoro che fanno per ricostruire, attraverso vestiti e accessori, un'epoca è ammirevole! Così ho deciso di omaggiare la loro arte con questo post!
Le immagini sono tratte dai seguenti film/miniserie: