E' verità universalmente riconosciuta che una fan di Jane Austen desideri diventare come un'eroina dei suoi romanzi!

sabato 31 maggio 2014

Maleficent



La storia mai raccontata di Maleficent, la nemesi della Bella addormentata nel bosco. In origine Maleficent è una dolce e gentile fata dotata di un incredibile paio di ali; innamorata di un essere umano, Stefano, viene da questi tradita nel modo peggiore quando lui le strappa proprio le ali per diventare re. A quel punto la fata buona, a causa del dolore, si trasforma in strega cattiva per vendicarsi di Stefano: alla nascita della figlia di lui, Aurora, lancia la ben nota maledizione sulla principessa che la farà cadere addormentata, maleficio che solo il bacio del vero amore potrà spezzare. Così Aurora viene allevata in incognito nel bosco dalle tre fate buone... ma siamo sicuri che la strega cattiva sia poi così cattiva?

Versione live action della famosa fiaba La bella addormentata nel bosco ispirata al classico d'animazione Disney del 1959, Maleficent sceglie di raccontare la vicenda dal punto di vista della villain, la cattiva, la strega che intende sottrarre alla principessa il suo happy ending. Perché è così che Maleficent è sempre stata descritta, ci hanno sempre fatto credere che fosse una megera nerovestita furente per non essere stata invitata al castello e che per questo finisce per tormentare la povera Aurora; ma se non fosse così? In questo riuscito retelling si cerca di raccontare una storia alternativa, quella di una fata buona ingannata dalla brama di potere di un umano che la usa per raggiungere i suoi obiettivi, inganno che spezza il cuore e distrugge la fiducia della fata al punto da farla diventare crudele e assetata di vendetta, poiché niente come la delusione di una speranza getta oscurità nel cuore di una persona. E allora Maleficent ferita nelle ali rubate e nel cuore diviene la strega cattiva più per dare un senso alla sofferenza che la divora che per una reale volontà di arrecare danno a qualcuno. Si vendica sul suo ex innamorato lanciando l'incantesimo sulla principessa... ma senza sapere che proprio quello stesso maleficio sarà l'inizio della cura del suo cuore ferito, proprio il maleficio la salverà dall'odio, proprio Aurora le insegnerà ad avere ancora fiducia nel prossimo. Il nocciolo del film sta tutto qui. Il mondo è pieno di persone che feriscono gli altri pur di raggiungere i propri obiettivi, l'egoismo e la cattiveria sono diffusi nell'uomo, questo è assodato. Quindi è facile che un tradimento o una cattiveria gratuita possano indurire il cuore della persona più buona al mondo; le sofferenze della vita forgiano il carattere delle persone più di qualsiasi altra cosa. Nessuno nasce cattivo e il mondo, di certo, non è diviso in "buoni" e "cattivi", sarebbe troppo riduttivo. Maleficent, allora, ci suggerisce la realtà che - al di là di banali classificazioni da cartone animato con l'eroe opposto all'antagonista - luci e ombre si nascondono in ognuno di noi e che dietro a una persona che sbaglia c'è sempre un'altra persona che prima ha sbagliato con lei. Maleficent ci suggerisce di partire dal principio per comprendere le azioni di una persona, di andare oltre la superficie.

Il film è davvero molto, molto ben fatto: appassionante, significativo, commovente. Un kolossal Disney come si conviene con grandiosi scenari, grandiosi effetti speciali e tanta magia. Come detto, la trama si riallaccia alla versione animata, ma riuscendo a rendere la storia meno banale e scontata. Commuove il personaggio di Maleficent: proprio lei - destinata suo malgrado ad essere la strega - si dimostra l'unica persona sinceramente affezionata ad Aurora, l'unica che si interessi realmente a lei e alla sua incolumità; proprio Aurora riflette, in fin dei conti, l'anima gentile della strega, anima che non si arrende a un destino di crudeltà che sembra già scritto. Trovo molto significativo, molto intelligente che in questo film abbiano alterato così tanto il rapporto tra la strega e la principessa; proprio questo capovolgimento rende Maleficent un film più che riuscito, più riuscito persino della versione animata. Da notare che anche qui - come in tutti i recenti retelling fiabeschi - il principe ha un ruolo non solo marginale, ma che nemmeno influisce sulla fine dell'incantesimo: segno dei tempi che cambiano e che al "bacio del vero amore" è meglio opporre valori più concreti e reali. Persino le tre fatine buone sono lontane dallo stereotipo delle "fatine buone" ma hanno pregi e difetti come tutti... al punto da risultare spesso superficiali... anche se quella torta un po' sbilenca per il compleanno di Aurora suscita sempre simpatia...
Angelina Jolie è perfetta nel ruolo di Maleficent: magnetica al punto giusto! Brava nel rendere al meglio le contraddizioni e la lotta interiore che agita il suo personaggio. Brava anche Elle Fanning nel ruolo di Aurora. Splendidi i costumi e non male la versione di Once upon a dream targata Lana Del Rey.

Maleficent è un film convincente, non la discutibile versione live action di un classico dell'animazione, ma un film in grado di reinventare in maniera intelligente una fiaba assai nota. Tra i retelling fiabeschi visti al cinema negli ultimi anni, Maleficent è sicuramente il migliore! Parola della Bella addormentata nel bosco!

Voto: 8,5









martedì 27 maggio 2014

Grace di Monaco



1962. Grace Kelly è sposata da sei anni con il principe Ranieri di Monaco; la favola dell'attrice di Hollywood diventata principessa incanta... ma non è tutto oro quello che luccica. Infatti, Grace a Montecarlo non è libera di essere se stessa e vive imprigionata in una gabbia dorata, tra incomprensioni con il marito e un'etichetta di regole assurde che non comprende. Quando Alfred Hitchcock giunge a Monaco per offrirle il ruolo da protagonista nel suo nuovo film, Marnie, Grace intravede la possibilità di sfuggire all'opprimente infelicità che l'attanaglia per tornare a fare ciò che ama: recitare. Ma proprio quando Grace sta preparando il suo rientro a Hollywood scoppia una grave crisi tra il Principato e la Francia: Charles de Gaulle reclama le tasse dei monegaschi al punto da minacciare un'invasione del piccolo regno se la sua richiesta non sarà eseguita. Davanti a questa grave situazione Grace dovrà decidere se tornare ad essere un'attrice o rimanere al suo posto, al fianco di Ranieri e del suo regno...

Grace di Monaco, il nuovo film di Olivier Dahan, si basa su fatti realmente accaduti, focalizzandosi sui mesi della crisi diplomatica che portò sull'orlo della guerra la Francia e il Principato di Monaco; il presidente de Gaulle, stanco di tollerare ancora quel paradiso fiscale, era intenzionato ad annettere il Principato alla Francia ad ogni costo e il peggio fu evitato anche grazie all'impegno di Grace che si adoperò per trovare una soluzione diplomatica che mettesse fine alla crisi. Sfortunatamente tutto ciò accadde proprio quando Grace stava valutando l'ipotesi di tornare a fare cinema, mettendo così la principessa davanti alla difficile scelta se seguire la sua ambizione personale o accettare una volta per tutte il suo nuovo ruolo a Monaco. In quella difficile situazione era impensabile che Grace abbandonasse il marito e le sorti del Principato per andare sul set di un film dall'altra parte del mondo, così proprio in quel drammatico frangente si ritrovò a compiere la scelta più importante della sua vita: fu allora, rifiutando l'offerta di Hitchcock e il ritorno a Hollywood, che Grace Kelly divenne definitivamente Grace di Monaco, principessa pronta ad accettare il suo ruolo per il bene della sua famiglia. Il film si concentra soprattutto sui tormenti interiori e i dubbi di Grace in quel momento delicato e cruciale, mostrando luci e ombre di una donna bellissima e ammirata all'esterno, ma insicura e fragile nel profondo; una donna che nel momento di crisi più grande della sua vita (come persona, moglie e principessa) riuscì a trovare il coraggio di combattere fino alla fine senza arrendersi alle difficoltà. Ne emerge il ritratto di una donna tridimensionale, fragile ma determinata, al di là dell'immagine patinata della diva di celluloide.

Grace di Monaco è un film molto raffinato e curato nei minimi dettagli. La regia di Dahan fotografa una Montecarlo glamour e mitica. Piacevole la colonna sonora, assolutamente splendidi i costumi che richiamano la leggendaria eleganza di Grace Kelly. Nicole Kidman è perfetta nel ruolo di Grace: stessa grazia, stesso stile; Nicole è l'ultima grande diva di Hollywood e nessun'altra attrice si sarebbe potuta confrontare in maniera tanto convincente con una leggenda come Grace Kelly! Ancora una volta ad impressionare è la bravura di questa attrice: in un paio di scene la regia si sofferma parecchi minuti sul primo piano di Nicole, soprattutto sugli occhi, la sua espressività inchioda allo schermo riuscendo con il solo sguardo a trasmettere tutta la gamma di emozioni contrastanti che agitano il suo personaggio. Sono poche, pochissime, le attrici al mondo in grado di reggere un primo piano per tutti quei minuti senza smettere mai di emozionare. Questa è una delle migliori interpretazioni di Nicole, senza dubbio! Bravo anche Tim Roth nei panni di Ranieri, a volte impossibilitato a comprendere la moglie ma profondamente devoto a lei. Ottimo anche il cast di contorno da Frank Langella a Paz Vega.

Al di là delle polemiche che ha suscitato da parte dei Grimaldi, Grace di Monaco è un buon film, ben girato e glamour che getta una luce più veritiera sulla realtà dietro la favola. Nel rispetto dovuto a un'icona quale è Grace Kelly, il film non teme però di raccontare aspetti meno piacevoli e controversi della sua vita (di principessa e non solo...), per dimostrare che in fin dei conti c'è un'anima più autentica nelle donne fatte di carne e sangue che non nelle principesse delle fiabe.

Voto: 7,5

sabato 17 maggio 2014

Ritratto di signora: Alfonsina Strada



Alfonsa Rosa Maria Morini nacque a Castelfranco Emilia nel 1891, i genitori erano due braccianti analfabeti che lavoravano nelle campagne emiliane. Nel 1901 il padre portò in casa una bicicletta: la giovane Alfonsina imparò subito ad andare in bici e scoprì una vera passione per questo sport. Prima dei quattordici anni l'intraprendente Alfonsina aveva già partecipato a molte gare, benché vi avesse partecipato di nascosto: infatti diceva ai genitori che si recava in chiesa. Quando la madre scoprì il segreto della figlia, le disse che se voleva continuare a correre in bicicletta doveva sposarsi e andare via di casa. Così nel 1905 Alfonsina sposò Luigi Strada, meccanico e cesellatore, e i due si trasferirono a Milano; la sposa chiese al marito una bicicletta come regalo di nozze e Luigi diventò sostenitore e manager della moglie. Nel 1907 Alfonsina andò a Torino - città dove le donne in bici non facevano sensazione - e iniziò a gareggiare, battendo anche la famosa Giuseppina Carignano e ottenendo il titolo di "miglior ciclista italiana"; lì conobbe Carlo Messori, il quale convinse Alfonsina ad accompagnarlo al Grand Prix di Pietroburgo del 1909: in quell'occasione la giovane ricevette una medaglia dallo zar Nicola II. In seguito, rimasta vedova sposerà Carlo Messori.
Nel 1911 stabilì il record mondiale di velocità femminile, con 37,192 chilometri l'ora, superando il record di Louise Roger. Nel 1912 il corrispondente a Parigi della Gazzetta dello sport la segnalò a certi impresari francesi affinché le facessero un contratto per le gare su pista della città: nei due anni seguenti Alfonsina vinse correndo nel Vélodrome Buffalo, nel Vélodrome d'Hiver e al Parco dei Principi, ottenendo grande popolarità. Nel 1917 Alfonsina si presentò alla redazione della Gazzetta, il quotidiano organizzatore, per iscriversi al Giro di Lombardia: nessun regolamento lo vietava, così la campionessa fu iscritta. Era la prima volta che Alfonsina partecipava ad una corsa in cui avrebbe sfidato corridori maschi. Il 4 novembre 1917 partì da Milano insieme ad altri 43 ciclisti, al traguardo - sempre a Milano dopo aver percorso 204 Km - Alfonsina fu l'ultima tra i corridori che avevano completato la gara, giunse a un'ora e mezza dal vincitore; dopo di lei erano stati una ventina a non concludere la gara. La partecipazione di Alfonsina alla corsa sembrò più che altro una cosa bizzarra e suscitò commenti pungenti. Comunque, la temeraria si iscrisse alla Milano-Modena del 1918, corsa abbandonata quasi subito per una caduta, e di nuovo partecipò al Giro di Lombardia; dei 36 alla partenza in 14 si ritirarono, Alfonsina giunse 21esima.
Ora Alfonsina aveva un solo grande sogno: partecipare al Giro d'Italia. Nel 1924 i vertici della Gazzetta permisero ad Alfonsina di iscriversi al Giro d'Italia. Si trattava di una mossa pubblicitaria: infatti, per cause economiche, le squadre più forti avevano rifiutato di partecipare e la corsa rischiava di passare inosservata, così la presenza di una donna avrebbe destato ugualmente interesse in mancanza dei campioni più famosi. Le polemiche sulla partecipazione di Alfonsina furono tante e molti temevano che il Giro si trasformasse in una pagliacciata. Nei giorni precedenti al via il nome di Alfonsina non figurava tra i partecipanti. A tre giorni dalla partenza fu menzionata sulla Gazzetta come "Alfonsin Strada di Milano" non si sa se la "a" mancante fosse voluta o fosse frutto di un errore; però su Il resto del Carlino fu menzionata come "Alfonsino Strada". Solo alla partenza gli organizzatori chiarirono che la partecipante era Alfonsina Strada, una donna. Così la notizia si diffuse in tutta Italia destando scalpore, curiosità, sospetto, approvazione e scherno. Il Giro d'Italia 1924 prevedeva 12 tappe, Alfonsina faticava a reggere il ritmo dei colleghi maschi, ma riuscì sempre a tagliare il traguardo di tappa, anche se con molte ore di ritardo. Tra l'altro, si fermava spesso a distribuire cartoline autografate ai tifosi. Giunse, però, fuori tempo massimo durante la tappa L'Aquila-Perugia: alcuni membri della giuria inizialmente non volevano estrometterla dalla corsa, anche considerando il tempo perso tra cadute e forature. Ma poi Alfonsina fu esclusa dalla classifica del giro, decisione influenzata dal maschilismo imperante dell'epoca contro una ciclista, una donna, che aveva osato sfidare gli uomini, battendone persino alcuni. Alla fine si arrivò a un compromesso: Alfonsina poteva partecipare alle tappe restanti, ma senza che i suoi tempi venissero conteggiati ai fini della classifica. Dei 90 partecipanti solo 30 completarono la corsa, tra questi Alfonsina. Il sopracitato maschilismo le impedì in seguito di partecipare ancora al Giro d'Italia, ma Alfonsina si tolse la soddisfazione di vincere 36 corse contro colleghi maschi e ottenne la stima di molti ciclisti famosi, tra cui Costante Girardengo.
Alfonsina si spense a Milano nel 1959.

Alfonsina Strada è stata l'unica donna a partecipare al Giro d'Italia, in un'epoca in cui la parità tra uomo e donna era impensabile, un'epoca in cui le donne non avevano diritti o riconoscimenti pubblici. Lo sport, ancora pionieristico e agli albori anche per gli uomini, era un terreno poco aperto alle donne, un ambiente che inevitabilmente vedeva con sospetto le donne, considerate intruse o nella migliore delle ipotesi fenomeni da baraccone da prendere in giro. Per il maschilismo di una società come quella italiana dell'epoca era impossibile concepire che una donna osasse sfidare lo sport maschile (sfida che suonava tanto come il voler dubitare della superiorità maschile in generale, non solo in ambito sportivo). Eppure, Alfonsina contro il sistema e contro tutti ha rivendicato il diritto di essere un'atleta a tutto tondo e non una simpatica donnetta in bicicletta che correva per divertirsi, ha rivendicato il diritto di essere una ciclista in grado di confrontarsi e competere con i ben più celebri colleghi maschi. Alfonsina ha rivendicato il diritto alla parità tra uomo e donna (come sportiva e come persona) e ha vinto perché ha dimostrato che le donne possono e devono avere l'opportunità di mettersi in gioco. Alfonsina ha vinto perché con il suo coraggio ha reso reale un sogno di parità che prima di allora era impossibile. Se oggi lo sport è animato da tante campionesse in diverse discipline sportive, se oggi le donne possono affermarsi nello sport (ma anche nella vita) lo dobbiamo a donne come Alfonsina che non si sono lasciate abbattere da una società ostile, ma che hanno continuato a correre, a correre più veloce, pur di raggiungere i propri sogni.
Così a novanta anni dalla partecipazione di Alfonsina Strada al Giro d'Italia non posso che inchinarmi alla memoria di una donna, di una ciclista, straordinaria che ha avuto il coraggio di essere se stessa ogni giorno della sua vita! 

mercoledì 14 maggio 2014

Aspettando Grace di Monaco...

Sarà presentato oggi al Festival di Cannes Grace di Monaco il nuovo film di Olivier Dahan con Nicole Kidman nel ruolo di Grace Kelly. Come è noto, il film ha suscitato parecchie polemiche fin dall'inizio - già durante le riprese - dalle parti del Principato di Monaco: questo perché Alberto e le sorelle sostengono che il film sia pura invenzione e che non abbia nulla di biografico. Comunque, nonostante le polemiche - o grazie ad esse - Grace di Monaco è uno dei film più attesi di questo periodo. Nicole Kidman è una grandissima attrice, una delle poche vere dive del cinema contemporaneo, e sono sicura che abbia dato il meglio nell'interpretare un mito come Grace Kelly!

Grace di Monaco uscirà domani in Italia e io non vedo l'ora!




















































lunedì 12 maggio 2014

Mansfield Park tra cinema e tv



Mansfield Park 1999

La piccola Fanny Price viene accolta in casa dai parenti ricchi della madre e si trasferisce a Mansfield Park, lì cresce assieme al cugino Edmund, di buon cuore e gentile come lei. Anni dopo, Fanny - segretamente innamorata di Edmund - dovrà respingere la corte del ricco Henry Crawford...

Versione cinematografica americana con Frances O'Connor e Johnny Lee Miller, questo Mansfield Park è grossomodo fedele all'originale austeniano a parte qualche licenza poetica qua e là. Fanny viene descritta come una ragazza dall'ingegno acuto nonché dalla penna facile con tutte le caratteristiche proprie di Jane Austen (scrive persino una storia ironica dei re d'Inghilterra come nella realtà ha fatto la Zia), questo probabilmente per rendere il personaggio più affascinante e "cinematografico" di come non sia descritto nel libro; ci sono, poi, un paio di scene pepate non molto austeniane e si nota l'assenza di William Price, nemmeno menzionato.
Al di là di qualche licenza poetica, Mansfield Park 1999 è un film piacevole con un buon cast e un'ambientazione gradevole.

Voto: 7




Mansfield Park 2007

Film televisivo inglese targato ITV del 2007, questa versione di Mansfield Park con protagonista Billie Piper è più o meno fedele al romanzo di Jane Austen. Rispetto alla pellicola del 1999 torna la figura di William Price (lì ignorata); ma in questa versione viene cancellata tutta la trasferta di Fanny a Portsmouth: non è lei infatti a recarsi dai suoi familiari dopo anni, ma sono gli zii a dirigersi laggiù. Così l'incontro finale tra Fanny e Henry, con rinnovato rifiuto da parte di lei, avviene in una Mansfield poco popolata come non mai... ciò non cambia la sostanza e il corso della vicenda, però indubbiamente il viaggio di Mr Crawford fino a Portsmouth per vedere Fanny è più significativo e Portsmouth sarebbe dovuta essere presente, seppur brevemente, in questo film.
Nell'insieme il film è ben girato, con tutti i momenti clou opportunamente rispettati. Buono il cast, anche Billie Piper che inizialmente ritenevo poco adatta al ruolo di Fanny, bellissime come di consueto le location e i costumi, piacevole, infine, la colonna sonora.

Voto: 7








venerdì 9 maggio 2014

200 anni di Mansfield Park



Mansfield Park è probabilmente il romanzo meno amato dai fan di Jane Austen, anche se molti critici lo considerano il romanzo più complesso e in definitiva il vero capolavoro di Zia Jane. Questo perché non si concentra "solo" su una storia d'amore, ma è una storia corale il cui intento è descrivere l'egoismo, le meschinità, le piccolezze e le miserie della società del tempo. Il tutto raccontato in maniera implacabile. Sì, anche in Orgoglio e pregiudizio e negli altri romanzi Jane racconta pregi e difetti della sua società, ma lo fa in maniera corrosiva e dissacrante e tramite il filtro dell'ironia è più facile scendere a patti con i difetti di quei personaggi (che sono pure i nostri difetti) e riderne. Ma in Mansfield Park manca questa scorciatoia: l'ironia c'è ma è più sottile e velata, perché Jane preferisce raccontare con "spietato realismo" tutte le meschinità insite nel genere umano. Sì, Mansfield Park è un racconto scomodo, perché ci obbliga a confrontarci con tutte le bassezze proprie della nostra società e a riconoscere che lo stesso egoismo, gelosia, ipocrisia e falsità di Tom Bertram, Henry Crawford, Mary Crawford, Maria, Julia e Mrs Norris sono i nostri stessi difetti. Fanny Price e Edmund non sono personaggi affascinanti, arguti, appassionanti come Elizabeth, Darcy, Emma, Wentworth, Fanny e Edmund sono personaggi incolori e forse insipidi, eppure un'eroina arguta alla Lizzy e un eroe cui cadere ai suoi piedi come Darcy avrebbero distolto l'attenzione dal reale messaggio di Jane nello scrivere Mansfield Park: il mondo non è popolato (solo) da onesti e leali innamorati ma è popolato perlopiù da individui egoisti e meschini che calpestano i sentimenti altrui senza rimorsi, che la superficialità e l'invidia imperano. E tutti dobbiamo farci i conti. Così Fanny e Edmund nella loro "ordinarietà" (niente affatto letteraria ma "reale") ci indicano che nella vita vera non saremo mai delle Lizzy o dei Darcy in un contesto idilliaco alla Pemberley, ma siamo delle Fanny e degli Edmund immersi nostro malgrado in enormi Mansfield Park e possiamo sopravviverci soltanto accettandoci per ciò che siamo, rimanendo fedeli a noi stessi. Mansfield Park per Jane è la metafora del mondo, corrotto e insensibile, ipocrita e vile, un mondo senza eroi in cui dobbiamo imparare (anche dai nostri errori) ad essere migliori ogni giorno. L'agghiacciante campionario umano di Mansfield Park serve da monito per farci essere migliori di quello che per natura umana siamo. Per questo motivo il romanzo è il meno amato di Zia Jane, per questo motivo è probabilmente il suo capolavoro. La sua natura corale serve a narrarci la diversità degli individui, i diversi difetti del cuore umano da mettere in luce. Fanny è meno protagonista rispetto alle altre eroine austeniane, così come Edmund è meno protagonista rispetto agli altri eroi austeniani: questo perché Jane ci invita a guardare alla varietà umana che li attornia e a poter comprendere la ragione per la quale dobbiamo diffidare di ciascuno di loro. La società inquietante e priva di valori presentata in Mansfield Park nella quale, tra tanti, solo due personaggi sono positivi ci ribadisce il concetto che è facile abbandonarsi alle meschinità insite nell'uomo, è facile. Però attraverso Fanny e Edmund ci consoliamo del fatto che scegliere il bene, l'onestà e la lealtà è possibile... anche se si risulta ridicoli, anche se vuol dire penare, anche se è la via più difficile. Solo alla resa dei conti ognuno otterrà i risultati dettati dalla propria condotta. Fanny e Edmund trovano equilibrio e vera felicità, gli altri solo vuoto interiore e nulla. Dunque, noi chi vogliamo essere? Ridicoli e insipidi ma onesti come Fanny e Edmund o superficiali, vuoti e quindi ammirati da una società (Mansfield Park) ipocrita e falsa come Henry, Mary, Maria e Julia? La grandezza di Mansfield Park sta nel ritratto implacabile e veritiero di una società falsa in cui nessuno è innocente o eroico, in cui tutti possiamo riconoscerci e da cui dobbiamo trarre i giusti insegnamenti.
Ricordiamo che Jane Austen è stata un'acuta e imparziale osservatrice del genere umano in tutte le sue sfaccettature, quindi non avrebbe mai scritto un romanzo "noioso" giusto per passare il tempo... se ha scritto Mansfield Park in questo modo, con questi personaggi era proprio per un preciso intento. Sta a noi comprendere fino in fondo quale sia tale intento!

Concludo con il ribadire che Mansfield Park non è noioso ma è l'ennesimo gioiello austeniano, un gioiello più difficile, sì, ma non meno pregiato. Forse si tratta del gioiello più autentico di Jane. Indubbiamente è il romanzo più coraggioso.
Mansfield Park è il libro che bisogna rileggere meglio, senza pregiudizi, per carpirne il valore più profondo. Così in occasione del bicentenario invito tutti a (ri)scoprire questo sottovalutato capolavoro austeniano e a rendergli giustizia!



giovedì 8 maggio 2014

Edmund vs Henry: i due protagonisti maschili di Mansfield Park a confronto



Edmund Bertram

Gentile, sensibile, modesto, giudizioso. Edmund, secondogenito di Sir Thomas, è un ragazzo oculato, onesto e ligio al dovere. Rispetto al fratello maggiore e alle sorelle, è un giovanotto con la testa sulle spalle, dal cuore d'oro e pieno di buonsenso. Lui dà incondizionato sostegno a Fanny, è sempre pronto a difenderla e sostenerla. Indubbiamente è il personaggio maschile positivo della storia, pur non avendo la stoffa dell'eroe: essendo perlopiù incolore e scialbo.
Colpisce, più che altro, che da ragazzo onesto, sensibile e responsabile qual è cada vittima del superficiale fascino di Mary Crawford, al punto da amarla per quasi tutto il romanzo - nonostante gli evidenti difetti di lei - prima di aprire gli occhi e rendersi conto della sua totale meschinità. Edmund è la prova che l'amore è cieco e che nella vita si possono prendere davvero abbagli colossali da cui trarre insegnamento. Questa debolezza rende Edmund più umano e ci fa essere maggiormente indulgenti con lui. Alla fine riuscirà a rendersi conto che Fanny, nell'ombra, l'ha sempre amato e che lei è l'unica che merita la sua devozione e il suo affetto.
Edmund impara dai suoi errori di valutazione e diventa migliore... più di quanto non fosse già per natura.




Henry Crawford

Brillante, affascinante, ricco, disinvolto. Henry Crawford, allevato da uno zio fin troppo indulgente, è il prototipo "dell'uomo che non deve chiedere mai" sicuro sempre e comunque che le donne cadranno ai suoi piedi a comando. Non bello ma dallo spiccato savoir faire, riesce senza sforzo a far perdere la testa alle due sorelle Bertram, tanto per passare il tempo. Preoccupato solo di divertirsi, di essere sempre superficiale e di suscitare occhi sognanti e sospiri alle ragazze, non si pone il problema delle conseguenze delle sue azioni. Quando decide di far perdere la testa anche alla rigida Fanny non mette in conto la possibilità che possa innamorarsi veramente di lei. Eppure succede. Il superficiale Henry si innamora di Fanny Price e per amore di lei cambia! Diventa sensibile, attento, premuroso, onesto, sincero... questo potrebbe cambiare il suo destino, il corso della sua vita...
Ma il rifiuto di Fanny (rinnovato a più riprese) in un istante da redento gentleman lo fa ripiombare nell'effimera superficialità iniziale. L'amore per Fanny l'aveva reso migliore... ma il rifiuto di lei ha reso evidente quanto fosse fragile il suo cambiamento. E pensare che nella fase "bravo ragazzo" non si può fare a meno di tifare per lui e sperare che Fanny lo accetti; ma la sopracitata Miss Price è più lungimirante di noi e non si lascia abbindolare: comprende che lui non può compiere il sacrificio di cambiare veramente. Così Henry torna nella ben familiare superficialità: la sua condanna per non aver lottato più a lungo con se stesso per diventare un uomo degno di fiducia.


Singolare è la simmetria al contrario che accomuna Edmund e Henry. Il primo è un personaggio positivo che rischia di perdere se stesso dietro all'amore per una donna meschina; il secondo, invece, è un personaggio negativo che arriva vicinissimo a diventare un uomo migliore grazie all'amore per una donna onesta e sincera.
In questo modo Mansfield Park dimostra ancora una volta che basta un dettaglio, un nonnulla per cambiare in positivo e in negativo il destino di una persona.



mercoledì 7 maggio 2014

Ritratto di signora: Fanny Price (special edition)



Fanny Price, proveniente da una famiglia povera e numerosa, viene accolta da piccola dai Bertram, titolata famiglia tra le più facoltose d'Inghilterra nonché parenti ricchi della madre di Fanny. La giovane, timida e sola, viene così catapultata in un contesto lontano anni luce dal suo. Portata già di suo alla modestia e alle poche pretese, trova un ambiente opulento e privilegiato che la tratta con gentilezza ma senza farle dimenticare mai chi è e da dove arriva; glielo rammentano le due viziate cugine - Maria e Julia - ma è soprattutto l'egoista, ipocrita, viscida e melliflua zia Norris a non perdere mai l'occasione di sminuire, umiliare e far sentire una nullità Fanny. Miss Price cresce con la consapevolezza di essere un'ospite in un ambiente di cui mai farà parte veramente. Lontana da qualsiasi rischio di essere viziata, cresce mantenendo gli innati sani principi, i valori importanti, la lungimiranza, oculatezza, parsimonia e saggezza. Riconoscente ai Bertram per averla accolta, non può, però, evitare di avere una sottile malinconia nel cuore, soprattutto per la lontananza del fratello prediletto William. Il solo vero amico e supporto in quella casa per lei è il cugino Edmund, assai simile a lei per principi, buonsenso e carattere mite. Sembrano essere anime gemelle e infatti Fanny nutre profondi, sinceri sentimenti per Edmund da sempre, anche se il diretto interessato soltanto alla fine, dopo aver aperto gli occhi su Miss Crawford, riesce a rendersi conto di quanto Fanny sia preziosa e devota e solo allora saprà amarla come merita. La prova più difficile di Fanny si presenta, però, quando Henry Crawford, l'affascinante scapestrato della storia, decide di far cadere la fanciulla ai suoi piedi. Fanny percepisce fin da subito la poca serietà e costanza di Henry ed è proprio lei - Fanny la povera e umile - a "smascherare" le poco onorevoli inclinazioni di Mr Crawford; la ragazza si ritrova così ad affrontare il biasimo e le perplessità dello zio dinanzi all'ostinato rifiuto di lei di essere magnanima con il suo pretendente, eppure la giovane Miss Price rimanendo fedele a se stessa fino alla fine dimostra a tutti la sua lungimiranza e saggezza.

Questo suo spirito integerrimo fa di lei l'eroina austeniana più razionale e più propensa ad anticipare i risvolti futuri con intelligenza e giudizio. E forse è la sua condizione umile, tra tutte le eroine austeniane, a renderla così giudiziosa e prudente. Certo, Fanny - rispetto alle sue "colleghe" austeniane - non spicca per spirito vivace, arguzia, brillantezza, impeto o cose del genere, lei è perlopiù una ragazza modesta che fa di tutto per passare inosservata riuscendoci assai bene sia per indole sia per quella che è la sua collocazione all'interno di Mansfield Park. Non incide mai davvero negli eventi, se non indirettamente, è una figura defilata che rimane sempre sullo sfondo, questo perché lei è la "coscienza" che osserva da lontano con occhio distaccato ma presente, chiamata, poi, a giudicare alla fine. Il suo può sembrare un ruolo scialbo, insipido, poco determinante... eppure solo al momento in cui tutto sta per precipitare si scopre quanto Fanny sia un punto fermo, una certezza su cui far sempre affidamento. Proprio Fanny l'umile, Fanny la silenziosa. Ciò viene riconosciuto dagli abitanti di Mansfield e viene riconosciuto anche dal lettore: la fedele Fanny, non può che essere questa figura sullo sfondo ad essere la salvezza di tutto e tutti. Così Fanny Price, benché non dotata di qualità brillanti e notevoli, si dimostra la solida eroina austeniana su cui fare affidamento sempre e comunque, anche nelle difficoltà più grandi.
La felicità che alla fine trova insieme a Edmund dopo tante amarezze è la ricompensa dovuta ad una ragazza in grado di rimanere se stessa, in grado di non farsi manipolare dagli altri, una ragazza in grado di fare dell'umiltà una virtù di cui andare fieri e di cui non vergognarsi mai.



lunedì 5 maggio 2014

Mansfield Park



Fanny Price, parente povera dei Bertram, viene accolta ancora bambina da Sir Thomas e Lady Bertram; cresce così nella magnificenza di Mansfield Park. Timida e giudiziosa, trova nel cugino Edmund amicizia e sostegno, il solo che sappia trattarla da pari a pari. Quando il caos esterno irromperà nella pace di Mansfield, rischiando di far smarrire la retta via ai suoi abitanti, sarà la fermezza e lungimiranza di Fanny a salvare la baracca...

Mansfield Park è il romanzo più "difficile" di Jane Austen, probabilmente è il meno apprezzato. Fondamentalmente questo poco amore nasce dal fatto che Mansfield Park non è né Orgoglio e pregiudizio, né Ragione e sentimento o Persuasione: ossia non presenta personaggi affascinanti per cui tifare, non ha una storia d'amore da batticuore e non fa sognare. Ma l'errore di chi si avvicina a Mansfield Park, e non lo ama deluso dal fatto che non sia un Orgoglio e pregiudizio, è proprio quello di ritenere Mansfield Park brutto proprio perché non ci sono delle Lizzy e dei Darcy tra le sue pagine. Mansfield Park non è come gli altri romanzi di Jane, questo è lampante. E sicuramente Jane non voleva che lo fosse. Mansfield Park nemmeno sembra un romanzo austeniano tanto è diverso dalla produzione tradizionale di Jane. In questo romanzo saltano agli occhi particolarmente alcune diversità. Ad esempio, lo stile narrativo a tratti brutale, uno stile che svela intenzioni poco onorevoli o elementi controversi senza cercare di alleggerire i toni; infatti, la proverbiale ironia austeniana è quasi del tutto assente, questo perché la negatività dei personaggi deve essere mostrata senza filtri ma così com'è, anche se è una scomoda verità. Negli altri romanzi ci sono personaggi negativi ma attraverso l'ironia Jane riesce a sdrammatizzare anche le situazioni peggiori, in Mansfield Park non si poteva fare lo stesso: era necessario raccontare ogni cosa così com'è... anche se si tratta di situazioni e personaggi poco piacevoli. E allora Jane racconta della meschinità di Mrs Norris, di Maria o Mary Crawford senza perdersi in inutili abbellimenti, che sarebbero solo deleteri e sbagliati.
Un'altra diversità che appare evidente in Mansfield Park è che la protagonista Fanny Price rispetto alle sue "colleghe" è un personaggio molto defilato nella storia, un personaggio che resta sempre sullo sfondo, che si confonde... tutto ciò in favore di una storia corale che ci presenta molti personaggi con personalità assai differenti. Questo perché Mansfield è un mondo a sé, un mondo da raccontare nella sua complessità, un mondo animato da personaggi diversi ai quali dare risalto per giungere, infine, ad un impietoso giudizio su questa umanità alla deriva. Mansfield Park è la metafora dell'umanità, umanità spesso meschina e autolesionista, e Fanny è l'elemento dissonante, l'aliena che osserva impietosamente, dal di fuori, tale deriva morale. Questo è Mansfield Park: lo sguardo più profondo e disincantato di Jane rispetto al mondo, un mondo ahilei - ahinoi - votato alla superficialità e meschinità alle quali nulla (forse) può porre rimedio. E' dura accettarlo ma è così.
Per questo Mansfield Park è il romanzo meno amato di Jane e per questo è probabilmente il suo capolavoro. La storia d'amore tra Fanny e Edmund è praticamente inesistente, non c'è nulla e nessuno a cui appassionarsi, ma Jane ci suggerisce di andare oltre la mera storia d'amore: oltre per riconoscere i mali della (nostra) società... e forse provare a non essere così...
Del resto, un altro primato di Mansfield Park è che rappresenta tra le sue pagine forse i due personaggi più negativi di tutta la produzione austeniana: Mrs Norris - egoista e ipocrita - e Mary Crawford - superficiale e falsa.

Nel rileggere Mansfield Park dopo tanti anni mi sono stupita di trovare un romanzo molto più maturo di quanto ricordassi, un romanzo scomodo, sì, ma ricco di luci e ombre e spunti di riflessione. Romanzo unico nella produzione austeniana, è un romanzo da (ri)leggere con il giusto approccio e i giusti presupposti per poterlo comprendere e apprezzare. Non va letto pensando di avere tra le mani Orgoglio e pregiudizio, Ragione e sentimento o Persuasione, ma va letto per ciò che è veramente: Mansfield Park.